sabato 3 marzo 2012

Il diavolo insegna...





Si dice: “Il diavolo insegna a fare le pentole ma non i coperchi”. E’ vero – io ne sono convinto –, molto probabilmente lo constateremo anche all’indomani della prossima tornata amministrativa del 6 e 7 maggio.
Il clima di antipolitica – anche artatamente, quotidianamente attizzato da una scandalosa speculazione giornalistica – generato dalla legittima indignazione contro una classe dirigente talora inadeguata, prevalentemente preoccupata della difesa dei propri privilegi di casta, trasversalmente attenta a difendere e reiterare le rendite di posizione, che in certi casi sono state “miracolosamente” acquisite da personaggi che con la politica non avevano e non hanno nulla a che fare, ha prodotto e tuttora va producendo la diaspora dei partiti tradizionali.
È infatti sotto gli occhi di tutti, ed avvertito perfino nell’aria che si respira, il disagio dell’elettorato per la politica. Disagio che una intera classe dirigente ha contribuito a generare, in un quadro di per sé assolutamente negativo e ulteriormente aggravato dagli effetti della crisi economica, con l’abdicazione delle proprie prerogative a favore del cosiddetto governo dei tecnici. Il governo dei tecnici, per parte sua, sostenuto di fatto da una Große Koalition, facendo di necessità virtù, ha intrapreso l’opera di “risanamento” facendone ricadere i costi prevalentemente sulle classi meno abbienti e il ceto medio, ed ha appesantito ulteriormente, in questo modo, il malcontento dell’elettorato – grosso – che prima dicevo.
Ecco quindi che la diaspora va assumendo caratteri marcati (li si leggono con chiarezza nella proliferazione delle liste civiche e nella frammentazione in “schegge” di partiti e partitini tradizionali). Spesso gli elementi catalizzatori sono individuabili in personaggi  delusi, malcontenti, scontenti cronici di quel che c’è, sempre alla ricerca di una realtà o di inesistenti organizzazioni partitiche fatte a loro immagine e somiglianza; ipercritici e iper-polemici di professione, per tutto, dappertutto, personaggi insomma sempre alla ricerca d’autore – e di regista –, che quasi sempre hanno all’attivo il transito attraverso differenti formazioni politiche.
Ecco, si presenta loro il momento aspettato: attraversati ed esauriti tutti i partiti del loro orizzonte culturale, come prima osservavo, si inventano ora una molteplicità di liste civiche e pseudo-civiche, e con esse, e attraverso ciascuna di esse, ciascuno, solo o in aggregazione, onesto e ingenuo che sia – disonesto,  furbetto o ricattatore che sia: ma lo scopriremo solo ai turni di ballottaggio o agli “accomodamenti” di fine marzo – dà l’assalto, in proprio o “per conto di”, alle diligenze locali. (Per ora! – pensano –).
Ma il fattore importante, eppure punto considerato di tutta la faccenda, risiede proprio nell’effetto reale, nei fatti che genera, ovvero nella molteplicità delle liste, nell’eterogeneo aggregarsi. Le liste, le listine –spesso figlie di nessuno, vere o fasulle – proliferano; moltissima gente onesta getta il proprio cuore oltre l’ostacolo in un gran darsi daffare, nell’estremo tentativo di contare, di far sentire la propria voce in un mondo che sembra inesorabilmente sfasciarsi. Ma tutto codesto fermento genera batteri – o come dicevo prima è catalizzato da batteri –, e le ultime tre categorie di Sciascia (ominicchi, ruffiani, quacquaraquà) nel “casino” generale imperversano e ordiscono i loro ambiziosi progetti – si fa per dire –. Il diavolo, però, guarda caso…
Io infatti sono convinto che tutto questo genererà una reazione immediata. Una parte dell’elettorato, l’assoluta maggioranza, quella gran parte che non ha punta dimestichezza con le sofisticherie della politica, quella parte che segue prevalentemente l’istinto e la pancia, che ha bisogno di accendere la “tv” con la certezza di trovarci Gerry Scotti o la Maria De Filippi, Affari Tuoi o il Grande Fratello – ecco, appunto quella –, si troverà assolutamente disorientata, e come il turista straniero o il gitante di parrocchia in visita a San Pietro, cercherà, magari sollevandosi sulle punte dei piedi per meglio vedere, l’ombrellino colorato o la bandierina rassicurante della guida. Quei riferimenti, logori e bruttini, forse, ma tutto sommato rassicuranti, costituiranno, appunto, i simboli di partito tradizionali in tanta confusione. E i partiti recupereranno immediatamente perché la gente cerca sicurezza e stabilità. Sarà loro sufficiente presentarsi all’elettorato con candidati credibili, perché, in specie nelle elezioni amministrative, per il candidato e l'elettorato il confronto è diretto, immediato.
u.s.