lunedì 19 marzo 2012

Ubi maior minor cessat



The British Hamlet -
1 Chi punta e poi non spara/È un uomo nella bara
2 Chi spara spera/Chi non spara spira
3 Chi il grilletto non pigia/Può far la valigia"


Ho letto con attenzione la lettera che il Signor Marco Benedetti ha inviato a Waterloo. (http://blog.studenti.it/domenicalaura/primarie-e-governo-della-citta/). Una lettera il cui contenuto condivido, a prescindere dalle questioni sollevate che ineriscono alle persone, dato che, nello specifico, attengono fatti di casa altrui, fatti in cui non intendo entrare né commentare. Mi piacerebbe, infatti, tentare di astrarre dalle questioni dell’ora, pur vive e interessanti, per osservare alcune cose, sulle quali da tempo vado riflettendo,  forse di rilievo non secondario rispetto ai problemi sollevati.
In primo luogo, vorrei rammentare che il disfacimento dei partiti tradizionali, molto strutturati, radicati territorialmente e talvolta, com’era per il PCI, rigidamente organizzati (si parlava a ragione, in quel caso, di centralismo democratico), ha lasciato il posto, molto spesso, a comitati elettorali che durano più o meno il torno di tempo necessario alle elezioni, oppure a partiti di struttura assai più leggera, più simili a movimenti di idee, sorta di terminal aeroportuali, dove le persone si incontrano, si scambiano, ma ben poco rimane. Organizzazioni, quindi, di carattere flessibile, programmaticamente fragile, insicuro, sempre pronte a cavalcare (in “cornu” opposizione), strumentalizzandola, questa o quella protesta, questo o quel comitato, con la speranza di raccogliere consenso e voti; ovvero al piegarsi, talora irragionevolmente, se maggioranza,  pur di non perdere consensi. Ambienti codesti, però, che ben poco o nulla possono fare per preparare e quindi selezionare la propria classe dirigente, meno che meno secondo criteri di merito, fino al paradosso che ci si affida all’incerto meccanismo delle “primarie” per selezionare, non dico un qualche consigliere, ma addirittura i candidati alla carica di sindaco. Insomma, per selezionare la persona che dovrà ricoprire una carica tanto delicata, si ricorre, non alla competenza o all’esperienza provata, certificata, di esperti selezionatori, quali erano – o tentavano di essere – un tempo le segreterie politiche dei partiti, bensì facendo ricorso ad uno strumento insicuro, grossolano, inquinabile come le cosiddette “primarie”, ancorché democratico. Argomento, quest’ultimo, che si presterebbe ad un ampio corollario di considerazioni, specie in ordine agli strumenti che possono oggi essere adottati per conseguire un ampio consenso prescindendo dalla qualità, dal merito. Aggiungo: assistiamo al paradosso  per cui le figure di riferimento apicale vengono selezionate come detto con metodo incerto, i quadri intermedi (nazionali e regionali), invece, attraverso la cooptazione, in un sistema elettorale che ha eliminato ogni possibilità di scelta. In buona sostanza si potrebbe dire che il potere è tutto nelle mani di scribi e sacerdoti (la casta?), per i quali la figura del faraone è puramente rappresentativa.
Occorre, altresì, considerare come codesto “disfacimento”, anche dovuto alla cosiddetta caduta dei modelli ideologici di riferimento, ha privato le restanti strutture di partito della capacità di fornire le soluzioni che i rispettivi  modelli consentivano di tenere lì, preconfezionate, o immediatamente elaborabili, per ogni sorta di occasione. E’ accaduto, quindi, che codesti apparati residuali, pressoché svuotati, inseriti in un quadro reale sempre più articolato, difficile da comprendere, da  interpretare, si sono dimostrati vacui, inutili strumenti, assolutamente incapaci di stare al passo coi tempi in rapido mutamento, incapaci di fornire soluzioni adeguate, credibili, chiare.
In questo quadro di caduta della credibilità anche per le posizioni contraddittorie assunte sui medesimi temi, spesso perfino al mutar dei confini comunali, ha reso evidente il sostanziale vuoto della politica e le varie comunità locali, sfiduciate nei confronti delle Istituzioni e dei loro “governi” e oggi assai più emancipate e desiderose di cimentarsi nel “fai da te” della democrazia diretta – molto spesso con sinergie trasversali incentrate sulle cose da fare o impedire –, hanno imboccato la via dei comitati. I quali a loro volta si sono spesso dimostrati riottosi al dialogo e capaci di intralciare pesantemente quel poco di progettualità che restava alla politica, talvolta irretendola o bloccandola letteralmente.
In questo panorama, quell’indefinibile residuo dei partiti tradizionali, senza filtri d’accesso (rammento le vecchie commissioni di accettazione e disciplina che si eleggevano nei congressi), e quindi con porte e finestre spalancate, sono stati letteralmente assaliti da ogni sorta di “avventurieri” (altro ampio capitolo da sviluppare a parte), coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti: qui basta dire che gruppi , lobbies e camarille proliferano, come certi personaggi sempre pronti a transumare di qua o di là, quando non ricorrano al ricatto per ottenere questo o quel favore in cambio del proprio sostegno.
Almeno questo dovrebbero aver insegnato gli ultimi anni di “governo” delle Istituzioni locali. Va da sé che un candidato alla carica di Sindaco, dotato di un minimo di esperienza, di contezza del variegato quadro politico locale, che ben conosca le squadre, gli allenatori, i singoli giocatori, non potrà che tentare in ogni modo di blindare la propria maggioranza per garantirsi la cosiddetta “governabilità”. In specie quando le vacche son magre ed occorre decidere, spesso impietosamente, le cose da fare. Non deve meravigliare in negativo, quindi, che un candidato sindaco voglia garantirsi la governabilità per tutto il mandato. Che intenda primariamente escludere i propri competitor (o i loro uomini), ancor più legittimamente se costoro sono persone di valore e carattere, dotati di un proprio progetto amministrativo, che indubbiamente mai mancherà di manifestarsi come soluzione alternativa, realizzando di fatto un inaccettabile dualismo. Nel migliore dei casi.
Del resto, ma molti sembrano esserselo dimenticato, la legge che prevede l’elezione diretta del Primo cittadino adotta meccanismi che a questo vorrebbero garantire la governabilità, salvo – beninteso – agguati, tradimenti o assalti, nottetempo, dei tagliagole del proprio partito.
u.s.
l’illustrazione:
Mino Maccari, "The British Hamlet -
1 Chi punta e poi non spara/È un uomo nella bara
2 Chi spara spera/Chi non spara spira
3 Chi il grilletto non pigia/Può far la valigia",

Il Selvaggio, 31 dicembre 1935, anno XII, n° 5-6, p. 33.
Linoleum, cm 47,3 x34,5.