domenica 6 maggio 2012

"le querce fanno limoni"





Ciascuno di noi vive un tratto di tempo troppo breve per capitalizzare un’esperienza che consenta di non meravigliarsi di quanto accade, e che, invece,  già molte, innumerevoli volte, è accaduto. Ci si stupisce di fronte allo sbandamento, davanti alla confusione generale che la fa da padrona, e non si capisce come sia possibile che il “diavolo” se ne vada a braccetto con l’ “acqua santa”, e nessuno in strada ti guardi perplesso se, descrivendo in qualche modo la realtà circostante, gli fai notare che, quando vedi il “curiale” a braccetto col sanculotto, “le querce fanno limoni”[1]. Guardando più a ritroso, invece, tutto può apparire normale, basta, a riprova, rileggersi qualche paginetta di Trilussa. Il proliferare delle liste, dei gruppi, delle divisioni? Si tratta di dinamiche sociali e individiali collaudatissime, addirittura naturali, che si spiegano con “la guerra di tutti contro tutti” (bellum omnium contra omnes), di Hobbes, il cui germe è interno, connaturato come l’istinto di sopravvivenza, e come l’herpes si manifesta sul labbro quando si abbassano le difese immunitarie. Nel nostro caso, quando si perdono di vista gli obiettivi veri dell’azione politica, che non possono coincidere che col bene della comunità, e l’azione generale, disordinata, quasi impazzita, va contro la realizzazione di quell’interesse. Siamo infatti di fronte a manifestazioni che ci avvertono  di uno stato patologico del sistema. Le spinte individualistiche risultano a un tratto vincenti e, in un quadro generale che ha smarrito, sembra, scale di valore e punti di riferimento, mediocrità, presunzione, velleità paiono prendere il sopravvento e producono inevitabilmente divisione. Intendiamoci, niente contro la divisione, quando questa sia normalmente intesa come la scelta di percorsi diversi che si intendono seguire per realizzare l’interesse generale o per il conseguimento di differenti obiettivi nei quali si ritiene consista la realizzazione di quell’interesse.
Acutamente Antonio Nardi, seppure celiando, descrive la situazione (http://blog.studenti.it/domenicalaura/il-gastaldo-2-i-refrattari/): … i pistoiesi [ma il fenomeno, purtroppo, non è solo locale (ndr)] si associavano non per mettersi insieme ma per dividersi meglio. Anche in questo Pistoia si rivelava una città sui generis. Le associazioni nascevano ad excludendum. La dinamica era semplice. Una volta fatta l’associazione, cominciava la gara per le cariche. Ognuno aspirava alla presidenza, si fosse trattato di una compagine con mille aderenti o con cinque associati. La mancanza di posti e la necessità di scegliere creava degli scontenti, ed in essi la delusione cresceva, cresceva, fino a farsi lancinante, feroce, insopportabile. E se ne andavano per fondare un’altra associazione, possibilmente concorrente…
Lo citazione descrive per burla ma in modo estremamente attendibile – conoscendo fatti e persone – le ragioni tutt’altro che politiche che nel passato recente hanno visto la migrazione di alcuni dai gruppi consiliari dove erano stati eletti  o ancor più recentemente dar vita a liste e contro liste, ovvero “fuochi” e “controfuochi” che ben poco apparentemente hanno a che vedere con l’interesse generale della nostra Comunità (ma che potrebbero rivelarsi assai funzionali  alle esigenze di Bertinelli, dato che: “acqua torbida, fortuna di pescatore” – come verrebbe da suggerire a quei militanti della sinistra, che storcevano la bocca davanti alle otto liste a sostegno della candidatura Bertinelli –, quelle liste, proprio perché tante, potrebbero, infatti, rivelarsi un efficace marchingegno per prendere molto e quasi nulla dare. Del resto, come sosteneva quel tale “irrorando” l’acqua limacciosa della darsena, “tutto fa!” E non è, forse, realizzare un vero “gioellino” il riuscire ad utilizzare a proprio vantaggio le altrui debolezze? Gli altrui appetiti, l’altrui pochezza, che sovente si configura come l’irrefrenabile tendenza a dividersi velleitariamente per affermare quasi esclusivamente se stessi?)
Quando non sia così, si intravedono, anche se sfugge il dettaglio, i disegni di un qualche altro interesse, senz’altro legittimo, che intende far valere il proprio peso nella gestione della cosa pubblica, magari attraverso la presenza in campo di figure controllate direttamente. Niente di nuovo, niente di cui meravigliarsi. Epperò, come si percepisce, quanto sta accadendo rappresenta una estrema, insana, disordinata frammentazione: una sorta di mondo parallelo che nulla ha a che vedere con i reali e legittimi bisogni della gente. Talora, addirittura, siamo di fronte a candidati che molto “spensieratamente” rappresentano gli interessi di “Tizio” in una lista e nel medesimo tempo di “Caio” in altra lista nel vicino comune, ovvero, qualcuno, ancora con la tessera “calda” del recente congresso, se ne sta bellamente a rappresentare posizioni diametralmente opposte, o, continuando, altri che, senza pudore alcuno, come nella commedia goldoniana, serve due differenti padroni nel medesimo ruolo. È certo anche per questi motivi, oltre che per  le disdicevoli “faccende” della politica nazionale, che in molti, disgustati, non vanno a votare. Finiscono con l’accettare così, supinamente, ciò che accade; preferiscono fare un passo indietro o farsi da un lato come se la cosa non li riguardasse. E ciò, guarda caso, proprio nel momento in cui il bisogno di tutti alla difesa della cosa pubblica si fa sentire più forte.
Io non so dire se come comunità nazionale riusciremo a salvarci dalla crisi e da noi stessi. Credo, però, che se, ciascuno per il “suo”, riusciremo a ritrovare la fiducia in noi stessi e a far quadrato contro il degrado morale e politico cui ogni giorno assistiamo, saremo in grado di affrontare qualsiasi crisi. Sicuramente, prima o poi, occorrerà decidersi a prendere qualcuno a calci nel sedere.
u.s.

[1] Epperò, certo conviene essere prudenti né affrettati nel giudizio, dato che tutte le cose, anche quelle apparentemente contraddittorie e incomprensibili, hanno una loro ragione. Talora si creano singolari convergenze di interessi: anche in natura, Bernardo, il paguro, spesso cambia casa e si difende trasportando l’attinia.