martedì 3 aprile 2012

Disoccupati e “pendolari”




Sirio, l’ho visto anch’io, uno della nostra età cercare in un cassonetto! E non per le bottiglie di plastica, come in Croazia.

Provo una sorta di vergogna e quasi mi mancano le parole, quando, come ieri mattina, mentre attendevo un certificato che mi era necessario per presentare una lista di candidati per le prossime elezione del 6 e 7 maggio, ascolto certe amare riflessioni, certe considerazioni anche sulla politica.
C’erano, nella stanza, due persone: Alessandro, 1984; l’altro, invece, facendo due conti, quasi una cinquantina, tutti e due disoccupati, tutti e due alla ricerca di un lavoro che non si trova. Il più vecchio dei due racconta che sono tre anni che è in questa situazione a causa del fallimento della lavanderia dove lavorava da quasi trent’anni. E ancora non ha visto un soldo. Neppure la paga degli ultimi tre mesi di lavoro. Mi dice: “io sono qui, stamani, con un solo euro in tasca”, e poi giù, a man salva, giudizi spietati su alcuni che passano, che lui conosce, che si “arrangiano” in un modo o nell’altro: pensione e lavoro al nero, quell’altro spaccia e lo sanno in tanti, e qualcuno magari delinque in altro modo, senza che nessuno si azzardi a dirgli nulla, riuscendo, “in questo casino”, a mettersi  addosso, pure, abiti firmati.
Ascolto, non so cosa dire, mi viene da rammentare qualche altro caso analogo che conosco: il figlio di un amico, Luca (anche lui ventottenne come Alessandro, che, lì presente, ogni tanto commenta e dice la sua), che si ritrova, con una moglie e un figlioletto, disoccupato da due anni, e, malgrado conosca il mestiere dell’idraulico, non riesce a trovare nulla da fare, benché, come suo padre, veementemente, mi assicura ogni volta che m’incontra, sia disposto a qualsiasi lavoro. Rammento poi il caso di Francesco, anche lui disoccupato da un paio di mesi, che si arrabatta come assicuratore improvvisato in attesa di una collocazione migliore, forse. Anche lui, Francesco, ha da mantenere due bimbe… Un altro paio di casi… Poi a un certo punto mi cheto. Il pudore mi frena. Mi accorgo che sto raccontando, aggiungendo altri casi quasi per lenire l’amarezza dei due interlocutori lì presenti.  Quasi per, come dire, aggiungere e realizzare, infine, anche tacitamente, la condizione per cui il “mal comune è mezzo gaudio!” Consolatevi ragazzi, non siete soli! Mi accorgo che il meccanismo che inconsapevolmente ho adottato è in una sorta di “esorcismo”, che consiste nel traslare il problema, da crudo e reale quale è, sul piano dell’astrazione, come quando per i trecento morti di un aereo che cade non si riesce a dolersi, credibilmente, come succede, invece, per un conoscente o, ancor più per un amico. Mi rendo conto che siamo assolutamente impotenti, che, al nostro livello, non è possibile individuare delle soluzioni che possano andare oltre il particolare, nel migliore dei casi.
Esco e in strada incontro Sirio. Il dodicesimo nero della mattinata ci si avvicina, insistente, con la sua cianfrusaglia. Cerco di fargli capire che non è possibile dare a tutti. Continua a insistere. Lo guardo mostrando irritazione anche se mi dispiace. Provo un senso di angoscia: tutto sommato ho tentato di sfilarmi dall’ascoltare problemi senza saper cosa rispondere e ora altri problemi, ancora più crudi, si parano davanti, in tutta la loro evidenza, senza che io, ancora una volta, non possa far altro che scacciarli.
Con Sirio si scambiano due parole sulla politica locale, sul “pendolarismo”, sugli innumerevoli “mutanti” che spudoratamente si trasformano nella speranza di un incarico – e anche per meno: forse un osso di bistecca! –. Presto tutti potranno leggere i nomi nelle liste affisse sui muri, potranno, con facilità, ricostruirne il cursus honorum, ovvero le “aeree” evoluzioni di personaggi che ancora non si sono resi conto che la gente vera ha problemi seri, e la prospettiva non appare punto rosea. Invece qui si continua a giocherellare con le persone, a tentare di servirsene, senza arrossire, al solo fine di acquisire questa o quella posizione personale in un quadro di un vuoto culturale, politico e morale a dir poco sconcertanti. Gli inquinatori, i saltimbanchi, i funamboli, i trapezisti,  gli imbroglioni, gli impostori sono, dunque, sotto gli occhi di tutti. Fortunatamente, nella trasformazione, hanno conservato nomi e cognomi. C’è solo da augurarsi che la gente andando a votare non si faccia fregare ancora una volta, l’ennesima, da politici da strapazzo che intendono continuare ad usarne il potere (il voto) per fare esclusivamente gli affaracci propri. Il voto del resto è l’unico strumento e, dove ci si conosce tutti, è assai facile da usare. Non importa un partito o un altro, basta non farsi infinocchiare dai soliti furbi (peraltro abili incantatori).
Dico a Sirio, che insiste sul fatto che presto il popolo prenderà il “forcone”, che io, invece, non ne sono punto convinto, dato che la “gente”, purtroppo, non s’incendia tanto facilmente, perché oramai è corazzata, immunizzata, coriacea, refrattaria alle cazzate, anche alle vessazioni, indifferente alla cialtroneria dilagante. In una parola e rassegnata. E non c’è di peggio. Magari borbotta dei luoghi comuni, se si vuole anche banali o imbecilli, ma oltre quelli non va. Lui mi guarda sardonico e dice, molto laconicamente: “Ma nello stomaco la corazza non c’è!”
u.s.     

Illustrazione:
H. Daumier, Un bonapartiste nouvellement converti, 1851