martedì 21 febbraio 2012

...nella nebbia





Caro Antonio,
se mi lamento delle cose che sento, che vedo, che leggo, mi dirai ancora una volta che sono ingenuo; forse, con fare stizzito, vorrai ancora una volta insistere che “così è la politica!”, ma io amico mio continuerò contro ogni evidenza, con caparbietà quasi ottusa, a voler credere che Essa sia, possa essere e debba essere anche altro. Ovvero lo strumento di cui servirsi per realizzare l’interesse della Comunità – un concetto, come vedi, di disarmante banalità –. Un interesse, quello comune, per me preminente, un interesse che pretende che si rispetti l’avversario, perché anch’egli è parte della comunità e non, invece, altro da quella; certo non è un nemico da abbattere o da demolire nella persona, nell’immagine, perché così facendo della nostra comunità non faremmo il bene ma il danno. Perché anche lui, a suo modo, dobbiamo crederlo tutto proteso alla realizzazione di quel bene, di quell’interesse. E non è questo, credimi, un pensare ingenuo, da fiaba, è, invece, contro ogni evidenza, contro ogni esperienza personale o consapevolezza storica, la necessità di un modello cui il pensiero possa costantemente fare ricorso, per aggiungere con un po’ di fiducia qualche nuovo giorno a quelli già trapassati e finiti. Un po’ come il miraggio dell'acqua spinge ancora a qualche passo stentato un corpo oramai esausto.
So benissimo anch’io, caro amico, quali siano le difficoltà, ma credimi, viene quasi da rimpiangere lo scontro cruento, doloroso, assurdo, funesto che partorirono le ideologie – attizzate – negli anni ’70, rispetto alla palude mefitica della maldicenza, dell’insinuazione malevola che ascolti pressoché ad ogni cantonata se ti fermi per via.  Oggi l’avversario politico – ma anche colui che dovrebbe competere assieme a te – non si batte, lo si  abbatte, lo si distrugge. E semmai, meglio, con lui crepi Sansone e tutti i Filistei.
Rammentavo con scarsa precisione e così ho reso una scorsa veloce allo Statuto dei Consoli del nostro comune, che fa data 26 novembre 1117. Quante, quante volte ricorrono le parole bene, interesse, onore, del popolo pistoiese. E’ quasi incredibile che esse facciano da “perno”, che anzi costituiscano la “necessità” fondante dell’esistenza stessa della comunità, la quale pare darsi forma giuridica appunto per la realizzazione del proprio bene, un bene che inizia e finisce per essere essa medesima, e che apparisce quindi ben assai più dell’ “interesse” principale.
A guardare oggi, invece, pare certo che codesto preminente interesse sia andato smarrito, e che ognuno, perduto il senso della comunità e il sentimento forte dell’appartenenza ad essa, si muova, vagolando, come cieco fra tanti ciechi non si sa alla ricerca di cosa (a voler essere buoni). Fortuna vuole, talvolta, come nella spiegazione di questo blog, che in questo pantano oltre ai mediocri si incontri qualcuno che condivide con te un qualche sentimento di onestà, di rigore morale e politico, di lealtà personale che credimi, al di là dell’appartenenza, lasciano ben sperare, o quanto meno riesci a fingere con te stesso che possano essere in grado di bilanciare la pugnalata alle spalle che ti viene dall’ “amico”.
Cordialmente,