martedì 9 ottobre 2012

della “scatola vuota” e del “paese di Berlinzone”



Pieter Bruegel il Vecchio, Paese della Cuccagna, 1567, olio su tavola, Monaco, Alte Pinakothek

La “festa” settembrina del Pdl, a Montecatini, meno di un mese fa, potrebbe benissimo dare la misura dello stato di salute del Partito, non solo in provincia di Pistoia, ma, a quanto risulta da altri segnali di “apprezzamento”, a livello nazionale. Qualche lingua malevola, – non certo la mia, che Dio me ne guardi! – potrebbe cercare di minimizzare, ridimensionando la questione ad esclusivamente locale, attribuendo, quindi, il flop della “ricorrenza” – malgrado i manifesti appiccicati dappertutto, le telefonate, gli sms, gli appelli più o meno accorati –, all’incapacità dei promotori. Certo, non sul piano organizzativo, dato che tutti riconoscono l’indubbia abilità del Lapenna come regista di eventi (a cominciare da quelli congressuali), ma per via del vuoto politico, dell’inezia –  se si preferisce –, ovvero dell’inadeguatezza percettiva, unita all’inconsistenza progettuale che l’attuale gruppo dirigente locale del Pdl sembra incarnare. Tanto che i “quarantaquattro gatti”, in ordine sparso – senza esagerazioni –, che hanno presenziato all’ “evento”, dimostrerebbero, inequivocabilmente, come nemmeno il nostro provato “animatore”, malgrado nell’occasione sia ricorso con una reprimenda ad esortare all’ottimismo, sia riuscito complessivamente a rianimare.
«Ma quale ottimismo!» Ha acutamente osservato qualcuno, e rammentandosi, forse, Malaparte, ha soggiunto: «Mancano solo i garofani appassiti! Non lo sente il “profumo” nell’aria?» Un dei presenti, che aveva intanto teso l’orecchio, con acume tutto toscano – che certo né veneti o  lombardi possono intendere – si è subito inserito: « Che dice, lei! La festa è riuscitissima! L’ “inconsistente” che celebra se stesso!» Un altro da dietro – evidentemente tanto ironico quanto fine d’udito – aggiunge: «Un’apoteosi!»
Ho deciso di non approfondire, né gettare benzina sul fuoco già scoppiettante, a quanto pare. Avrei infatti potuto opportunamente domandare: «Chiarisca meglio, prego! Allude al Pdl o al Coordinamento provinciale?» Meglio tacere.
Epperò, dal momento che per tutta Italia molti già lo stanno facendo a ragione (visti gli ultimi avvenimenti all’onore delle cronache, che tutti ben conoscono e su cui, anche, giustamente, s’incazzano), non è il caso di infierire ora, qui, sulla “salma”, elencando puntigliosamente, per cognome, i pochi presenti , né iniziare la chiama – troppo lunga – di quanti han preferito fare di meglio (altrove, ovviamente). Ci si poteva aspettare di più? Credo di no! D’altra parte, con i tempi che corrono, come si dice: “ogni botte dà il vino che ha!”
Sarà quindi da considerare, questa bagattella montecatinese, solo come indicativa di quanto sta bollendo in pentola. E che meriterebbe una qualche seria, approfondita riflessione.


Rammentate il famoso “Contratto con gli italiani”? Bene, qualcuno codesto contratto l’ha rotto unilateralmente. E sarà difficile, malgrado l’attitudine nazionale alla sodomia, che un altro se ne possa stipulare.
Il popolo del cosiddetto centrodestra c’è sempre. L’elettorato cosiddetto di centrodestra anche, solo che non ha più fiducia nei “propri” rappresentanti (attuali). E sarà certo assai difficile che codesta fiducia possa essere recuperata (da costoro). Operazione di norma difficile, figurarsi, ad opera di quanti, quella fiducia hanno tradito in modo così spudorato.
E a Destra c’è del rammarico, dello scoramento unito al dispiacere e alla rabbia perché a causa di alcuni mascalzoni impuniti, la Sinistra molto probabilmente tornerà al governo, o peggio, si assisterà al reiterarsi – chissà per quanto – di un altro governicchio Monti & C., sostenuto ancora dalla grande, scandalosa ammucchiata.


Le ragioni della crisi politica ancor prima che economica, l’ “abdicazione”, il sostegno al governo attuale, l’assunzione di posizioni e scelte contraddittorie, i risultati delle ultime amministrative e la progressiva desertificazione del “partito”, non dovevano costituire altrettanti motivi per procedere ad un rinnovamento sostanziale della classe dirigente attuale? Non erano dati oggettivi, infatti, bastevoli per riflettere seriamente su contenuti e prospettive? Così, per elaborare un progetto credibile, non era necessario prima definire chi si è e dove si intende andare a parare? E davvero un obbligo governare? E se sì, con quale programma e con quali obiettivi? Eppoi, è davvero necessario e possibile che anime, culture e visioni differenti, non riducibili ad unità, debbano convivere in un medesimo partito? E ancora: meglio un unico partito o un cartello elettorale? Come si vede cento sono le questioni tuttora irrisolte, che dico, non affrontate nemmeno. Occorreva ed occorre tutt’oggi affrontare codesti nodi cruciali, dato che il Pdl non realizza neppure in parvenza un unico sentire. Al suo interno, infatti, fatto salvo qualche accordo “meta-politico”, permangono frizioni ed attriti insanabili, tanto che, come già detto, occorreva agire attivando un movimento di idee positivo, in controtendenza al vuoto che sta rapidamente desertificando un’area politico-elettorale solo due anni fa maggioritaria. Di fronte alla disfatta, immanente, invece, chiacchiere, oppure festeggiamenti, non sappiamo di che, magari ad ostriche e champagne! Unica preoccupazione (perlomeno questa è la percezione che ha la gente).
I  “nostri” fieri rappresentanti, si fa per dire, sembrano vivere in una sorta di mondo iperuranico, dove non si tiene in alcun conto quanto accade in quello reale, né, a osservarne i comportamenti, i bizantinismi, le arzigogolature concettuali e normative, le sofisticherie attraverso cui s’industriano a sostenere l’insostenibile, pare addirittura che considerino il corpo elettorale e l’intera comunità come certo sporco che talora rimane attaccato alla suola.
Così pare, mediaticamente, continuarsi l’equivoco che unisce una parte del corpo elettorale con i suoi presunti rappresentati, quasi che solo il Padreterno potesse dividere ciò che egli stesso avrebbe unito. Ma non è punto così. I presunti rappresentanti dovrebbero, nel loro stesso interesse, fare un piccolo sacrificio e tentare di comprendere che, continuando così, domani potrebbero andarsene tutti a casa.


No! Questo è solo un ingenuo pensare, sembra ammonirmi qualcuno: da tempo, – parafrasando – al pari de’ Bravi hanno deciso che questo “divorzio” non s’ha da fare. Né domani né mai! Sanno benissimo che, se anche gran parte decideranno di non votare, loro, diminuiranno le file, certo, ma resteranno a cavallo, in molti – in troppi –. Ecco quindi il prendere tempo, il fingere di non capire, il fregarsene e far orecchio da mercante di fronte a quanto è accaduto alle amministrative o che sta in questi giorni accadendo. Si cerca solo di fingere una cura di pannicelli caldi, inutili, anzi controproducenti, contro la nausea o i conati di vomito che la stragrande maggioranza del popolo italiano prova nel solo udire i nomi di certi personaggi.


 Così anche il deserto che cresce nel Pdl e in tutto lo schieramento del centrodestra ha doppio significato, è biunivoco, simmetrico: da un lato il disgusto per certa classe “dirigente” crea il vuoto; dall’altro, attraverso il vuoto, si consegue più facilmente la riduzione dei competitors – credono –,  favorendo così la realizzazione del proprio interesse.
Sì, sì, faranno finta di tagliare, taglieranno anche, ma sarà sempre una pacchia! Sembra di udir sussurrare mentre l’immaginazione se ne figura qualcuno che si sfrega le mani. La coerenza al disegno pare perfetta: per buona parte dei dirigenti (Haccene più di millanta) il Pdl è e deve essere una scatola vuota: sì, assai meglio se vuota, perché il partito ha da essere leggero, aereo, inconsistente, disabitato (libbertà, ma de ché! Demmocrazia… Embè!). Del resto, poi, nel vuoto non c’è obiezione! Il vuoto non richiede né fatica né impegno. Né intralci fastidiosi: al momento opportuno, più facilmente, per chiamata – ma cooptazione è termine assai più carino – ti farà compiere la capriola (tripla, con inchino). E il salto è un’avventura  da non perdere nel parallelo “paese di Berlinzone”, dove, citando Boccaccio, tutt’oggi: “in una contrada che si chiamava Bengodi, […] si legano le vigne con le salsicce, e avevasi un'oca a denaio e un papero giunta, ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e raviuoli, e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n'aveva; e ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciol d'acqua.”


L’interesse del popolo italiano? Dov’è? Non sembra che stia a cuore a nessuno, certo non a certa gente.
Un gruppo dirigente serio, responsabile, che avesse avuto davvero a cuore gli interessi della comunità nazionale, avrebbe certo fatto i bagagli, cedendo il passo a persone nuove  capaci, che, fortunatamente, ci sono. Volutamente relegate al margine, impedite nell’azione e nella proposta, perché di fatto nemiche mortali di questo mefitico ambaradan “gastronomico”. Purtroppo, dappertutto, stiamo pagando le spese e le scelte di una pseudo classe dirigente, assolutamente inadeguata, che si circonda e sostiene personaggi di terz’ordine, di certificata inadeguatezza (salvo se altro), che con una incredibile sfacciataggine si spacciano per nostri rappresentanti politici. Cos’è oggi il Pdl nell’immaginario e nei fatti? Come affronterà le prossime elezioni? Ecco, purtroppo, gli ingredienti a disposizione: scarsa credibilità; inadeguatezza del gruppo dirigente; sconcertante assenza di progetto politico… È la legge di Peter: “il massimo grado d’incompetenza è stato raggiunto”.
Cosa si aspettano? Le operazioni di maquillages annunciate si rincorrono di giornata in giornata. Ma di concreto? Cosa ha fatto il Pdl dal mese di maggio ad oggi per recuperare il consenso perduto? C’è qualcosa che l’elettorato, ceto medio in primis, possa avere apprezzato? Qualcosa di positivo, visibile, tangibile o politicamente rilevante? Si è dunque mostrato, come classe dirigente, all’altezza che è richiesta per governare la Nazione? Ha saputo ricreare nell’immaginario l’idea che i propri rappresentanti sono degni e moralmente ineccepibili?… Certo, è una domanda, retorica, dall’ovvia risposta, emblematizzabile, forse, soltanto da un sonoro pernacchio alla De Filippo.


E invece? Ecco, il leader massimo con la sua allegra brigata che si trastulla, fantasticando che con un cambio di nome all’orchestra la platea tornerà ad applaudire. Tutti i giorni una! Immaginando illusoriamente che il consenso riprenderà, corale, sull’esempio di quello immediato, sonoro, che è venuto dal vecchio politicante bollito, solo mosso, forse, dalla speranza di potersi guadagnare ancora qualche anno di galleggiamento, magari sopravvivendo a se stesso – come galleggiante –.
Intanto, negli scantinati, la gente sta oliando le armi e affinando le punte ai forconi con nervosi colpi di lima.
u.s.

P.S. M’accorgo di essermi dilungato troppo. Tant’è. Perdonerete.

– Rammento che all’indomani di tangentopoli, da uomo di destra, provavo una sorta di orgoglio. Mi compiacevo di essere fra quelli che non potevano essere accusati di aver sottratto una lira. Mai! Bene, con sconcerto devo prendere atto che qualcuno (più di uno, purtroppo), dopo decenni di astinenza, ha pensato bene di mettersi in pari. E sono incazzato! –


Immagini:
Pieter Bruegel il Vecchio (Breda, 1525/1530 – Bruxelles, 5 settembre 1569)

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