domenica 22 aprile 2012

La banda d'Affori




Vince la Turco! Vince la Turco! Pareva assodato. La voce correva dappertutto. Invece la Turco non ha vinto. Neppure seconda, è arrivata. Passo dall’edicola, ascolto: "Bartolomei va al ballottaggio!". Guardo il mio interlocutore con uno sguardo che probabilmente deve preoccuparlo. Niente di minaccioso, per carità. M’immagino sia stato lo sguardo per cui, inequivocabilmente, il tuo interlocutore si sente un imbecille. E io, quasi mi dispiaccio, dato che non voglio offendere nessuno. Mai!  Eppoi l’edicolante è una persona simpatica, anche sveglia, con la quale è sempre stato possibile discorrere in modo affabile, garbato, pur muovendo e restando su posizioni diametralmente opposte. Comunque, rifletto e rammento che spesso non è neppure il caso di discutere. È una inutile perdita di tempo. La questione, infatti, è ardua: non puoi dare a uno dell'imbecille, devi per forza ricorrere a complessi giri di parole, a eufemismi che costui, se è imbecille, non capirà mai. Una vera perdita di tempo. Meglio il silenzio.
Ma torniamo al “ballottaggio”. È il solito giochetto della disinformazione, un meccanismo in cui alcuni sono assai abili. Le applicazioni sono decisamente vaste, variegate. Si adattano al caso volta per volta. Si va dallo spargere letame su questo o su quello a seconda del bisogno, fino, utilizzando i meccanismi giusti, a convincere che in un locale si mangia bene o male, si spende poco o tanto. Cosi si può rovinare una persona come nel noto caso di Mia Martini – professionista di grandissimo profilo –, oppure indurre tutti ad un’infinita serie di gesti apotropaici solo nominando Mario Praz, uno degli storici dell’arte più profondi e raffinati del secolo scorso. E non intendo fare altri nomi, di viventi, per non contribuire ad alimentare, ingiustamente, un indegno, infame passaparola denigratorio che “bolla” irrimediabilmente degnissime persone.
Quanti conoscono il “Barbiere di Siviglia”, sanno benissimo come funziona il meccanismo. È, quella cantata da Don Basilio, appunto un aria famosa. Enuncia mirabilmente un metodo che non sbaglia… Tutti la conoscono!  Io ho scoperto la musica lirica pochi anni fa. Fu proprio Bartolomei a farmela apprezzare – ricordi Alessio? –. Ricordo come fosse ora:  il “Barbiere” interpretato da Tito Gobbi e Maria Callas e poi l’aria  famosissima della Regina della notte, “Der hölle rache”, dal Flauto Magico, che mi illustrasti come un compendio di simboli ed archetipi massonici.
Io, però, in questi concitati giorni di campagna elettorale, dove, in verità, se ne ascoltano di tutti i colori, dove i pronostici si sprecano, dove la gara a chi la tira più grossa pare anticipare nei tempi qualche nota sagra paesana, ho voglia di sorridere. È il teatrino della politica, che malgrado il profondo disagio di alcuni momenti, riesco fortunatamente ancora vedere con un certo distacco. Mi fa sorridere –amaramente – il non rendersi ancora conto che la gente ha ragione ad essere schifata da menzogne e ruberie, della faccia tosta di politici e politicanti che non si vergognano, che continuano impunemente, sfacciatamente a mettere pecette e stucchi su un’ “auto” che cade a pezzi e ad imbellettare un cadavere già putrido. La gente non ha più voglia di farsi menare per il naso. È stufa. E in questo toccare il fondo, che in molti avvertono, in questo buio fitto che solo può suggerire la fuga, chi ama profondamente la Politica può, al momento, solo illudersi che il malato si riabbia dal coma. Può solo far proprie le parole di Eduardo: “Ha da passà ’a nuttata!”
Quanto al “ballottaggio” a decidere chi vi andrà, se qualcuno potrà andarvi, saranno certo gli elettori, non quei pochi personaggi che, ai margini della via, ascoltano le note della banda d’Affori, e non ne conoscono il tamburo principale né, tanto meno, il copioso seguito di pifferi. Pifferi, che, come noto, partono a volte per suonare ma ritornano suonati.
u.s.
Illustrazione:
H. Daumier, Ratapol fesant de la propagande, 1851, Litografia

sabato 14 aprile 2012

Diario



Da avversario politico e, per giunta, nel bel mezzo di una campagna elettorale, dovrei gioire per quanto sta accadendo in seno al PD pistoiese in queste ore, epilogo di un “infelice” contenzioso iniziato all’indomani delle primarie. Invece, devo confessare, sono piuttosto perplesso, perché “leggo”, nell’intera vicenda, il segnale preoccupante di una più generale perdita di controllo, comunque in seno alla Comunità, non solo dei rapporti politici, ma anche umani. Non so dire quali debbano essere  le regole “giuste” che in qualche modo tutti dovremmo condividere, ma sono sicuro che ristabilire delle regole, che tutti possano e vogliano condividere, sia un passaggio che si rende necessario, ancor prima di preoccuparsi di quale sia la “parte” da scegliere, almeno per quanti intendano evitare la guerra di tutti contro tutti. Direzione, purtroppo, verso la quale, mi pare, ci siamo incamminati.
Né, qui, si farà del pettegolezzo, più o meno interessato o finalizzato. Del resto sono convinto che le persone hanno il dovere, prima di tutto per il rispetto che ciascuno deve a se stesso, di pensare con la propria testa. Tanto che mi pare ridicola, fuori luogo e “insensibile”, ogni opera di sciacallaggio o di tentato indirizzo del voto di quanti, in queste ore, hanno deciso di strappare col proprio partito. Quale che sia la ragione, sempre di un vulnus si tratta, e ferite e lacerazioni portano sempre dietro di sé delle conseguenze. Saranno i diretti interessati a decidere che fare. Se vorranno vendicarsi potranno cercare di rendere “ingovernabile” il Consiglio comunale, com’è accaduto negli ultimi mesi. Ma certo si intenderà valutare, prima di assumere una decisione in tal senso, se il danno ricadrà sul novello “nemico” o sull’intera Comunità. Del resto, da persone ancora ragionevoli, dovranno pure stimare la portata di una eventuale – necessaria – e giustificata reazione, ovvero di una riforma regolamentare che tenti di contenere al minimo il danno, ma che, inevitabilmente, riducendo le già poche prerogative della minoranza consiliare, porti nella direzione diametralmente opposta all’invocata, finora, maggiore democrazia o tutela della minoranza.
Un’altra considerazione non marginale, mi pare, dovrebbe essere fatta sul vasto fronte di liste (ben otto) che sostengono la candidatura di Bertinelli. La defezione interna al PD potrebbe – accademicamente –  modificare il risultato elettorale di quel partito e, di conseguenza,  gli equilibri interni alla coalizione, a tutto vantaggio di gruppi che, guarda caso, “possono” forse perseguire interessi diametralmente opposti a quelli di chi ha inteso andarsene sbattendo la porta. Come dire: [...] per fare dispetto alla moglie!
Certo io non so dire quale riflesso in termini elettorali potrà avere la defezione dei – si dice – 160 tesserati, né sono in grado di valutare cosa accadrà loro – qualora intendano farlo –, se cercheranno di convincere parte dell’elettorato di riferimento di non andare a votare o addirittura votare per soggetti terzi, che nulla hanno a che vedere col mondo politico-culturale della sinistra. Personalmente ritengo che molto difficilmente possano elaborare motivazioni convincenti capaci di andare al di là di un circoscritto côté culturale. Certamente potremmo assistere alla congiuntura di soggetti ed interessi diversi, che potrebbe determinare, anche se assai meno limpidamente del 2007, il ricorso al ballottaggio. Condizione, questa, per alcuni di magra soddisfazione, per altri necessaria per riaprire i giochi di potere riattivando, in extremis, la contrattazione. Una situazione, comunque interessante, in special modo per Annamaria Celesti, che potrebbe trarne un tangibile vantaggio. Diversamente dall’errata e contraddittoria analisi/pettegolezzo dello Scardigli (http://quarratanews.blogspot.it/2012/04/elezioni-2012-maggio-se-son-rose.html), è noto a tutti che su Alessandro Capecchi, al ballottaggio, si attestò nel 2007 un voto di sinistra che per pochissimo scarto non fece ancor più clamoroso il risultato. Affermando in ciò, si vorrà concedere, che in una elezione amministrativa il voto – anche di sinistra –  può confluire massicciamente anche su un candidato marcatamente di Destra, o di Centrodestra a cui – e qui concordo con Scardigli –, si riconosca “…indiscussa e indiscutibile integrità morale e civile”. Ritengo infatti che assai difficilmente l’elettore di sinistra, per solito molto politicizzato, possa sprecare il proprio prezioso consenso elettorale su “saltimbanchi” e “ballerini”. Del resto io non so dire se il fronte del Professore abbia conservato integra la sua compattezza, oppure se, come scrive Scardigli  (cit.),la base bartoliana che aveva visto nel suo sorriso sardonico uno squarcio di novità, [sia] incazzata da morire[col Professore]”. Certo, se ciò fosse rispondente a verità, resterebbe difficile comprendere, se non come una “interessata” forzatura, la conclusione che il redattore ipotizza, cioè sul come “il Professore autoespulsosi” potrebbe riuscire a pilotare “parte della propria base meno impegnata e i tanti eterosimpatizzanti a dare una mano al vecchio ma buon marpione di Alessio”, tuttora, come noto, presidente provinciale del partitino di Fini, ma travestitosi per l’occasione da candidato civico.
Ma le questioni toccate finora evidenziano a mio vedere solo il sub strato del vero problema, rappresentano dei fatti come tanti altri, più o meno eclatanti all’ “onore” delle cronache in questa martoriata penisola. Tutto andrà avanti, in un modo o nell’altro, tutto alla bell’e meglio troverà una soluzione. A preoccupare, infatti, non sono le misere bagattelle di casa nostra, né il “caso” Pistoia, di poco rilievo in sé considerato in più vasta economia, bensì che in quanto sta accadendo si coglie un sintomo ulteriore di un malessere profondo, il quale, ancorché forse giustificato (ma non so dire in che misura), assieme all’ “allegra” gestione del denaro di tutti, al malcostume di certi personaggi pubblici e altre consimili porcherie, finisce con l’alimentare il clima di antipolitica e il disgusto oramai dilagante. La gente ha il problema di arrivare alla fine del mese o quello ancor a più serio di trovare un lavoro o raggiungere un giorno la meritata pensione. Non ne può più di bizantinismi e “spazzatura”, del continuo declinare della Politica verso l’impotenza, laddove, proprio la Politica, dovrebbe conservare, invece, il proprio primato su tutto.
Quanto a certi commentatori politici (improvvisati, sprovveduti o finti tali o addirittura interessati) delle cose di casa, anche senza entrare nel merito, verrebbe voglia di suggerire che è assai meglio che si occupino dell’altro teatro, dove il gusto personale la fa da padrone e sorregge la soggettività del giudizio, rendendolo pressoché inoppugnabile. O quasi.
u.s.
Immagine:
Félicien Rops, Le vice supreme. Frontispice, La Decadence Latine de Josephin Peladan.

domenica 8 aprile 2012

"bric-à-brac"





Caro Bertinelli,
ho seguito con molta attenzione le difficoltà che il tuo progetto ha incontrato, anche, a mio vedere, non secondariamente, a causa delle stratificazioni e cristallizzazioni perverse che il “sistema” di potere della Sinistra, che ha “ingessato” la nostra città dal dopoguerra a oggi, oppone ad ogni tentativo di innovazione. Tanto che, in ultimo, appare vano ogni tentativo, e compromessi, inevitabili, che stanno sotto gli occhi di tutti, finiscono col sopraffare, annullandola, ogni spinta al cambiamento. Pare, dall’esterno, che le parole d’ordine che hanno fatto da viatico a codesta tua candidatura, siano state: “garantire”, “rassicurare”, “confermare”. Tutto il contrario, purtroppo, di quanto mi pareva di aver colto nella premessa, di quanto immaginavo potesse vagheggiare e quindi progettare una persona del tuo livello. Un quadro, codesto, in cui qualsiasi progetto, anche ambizioso, si riduce di fatto a un misero elenco di “cose” della sopravvivenza alla bell’e meglio.
In questo, caro Bertinelli, vedo l’ulteriore conferma che solo una “rivoluzione” nel governo della nostra  Città e del nostro Comune, attraverso un’impietosa tabula rasa, può riuscire a destrutturare quel sistema di potere, le sue perverse ramificate articolazioni, le inevitabili clientele, che, come tanti Moloch, sempre più chiedono e pretendono per mantenerlo e, tramite esso, alimentarsi (in un’immagine: boccioli di rosa, pidocchi e formiche). È per questo motivo che, anche prescindendo seppure per un attimo solo dal mio essere schierato nelle file del Centrodestra, molto onestamente ritengo che solo una vittoria di questa parte, che ti è opposta, possa realizzare il vero interesse della nostra Comunità. Va da sé che per realizzare quell’interesse ci impegneremo in ogni modo – ma questa è già altra questione –.
Ho sostenuto con una certa fermezza, in quest’ultimo mese (inserendomi, in micro, nella querelle post primarie) l’idea che l’esigenza di garantire un’amministrazione stabile alla nostra comunità potesse mietere qualche vittima. Ovvero che non fosse poi tanto scandaloso evitare la presenza, nella stessa fila di banchi in Consiglio comunale, di persone che, più o meno autorevolmente, in ragione cioè del proprio spessore culturale o di modelli politico – amministrativi in qualche modo alternativi, potessero, come esperienza insegna, giungere a interpretare lo “spartito” con note discordanti, a scapito, non tanto di chi governa, che genera quasi sempre piacere nell’opposizione, ma  degli interesse dell’intera Comunità, la quale necessita, invece, di armonia. Ciò proprio come io non vorrei accadesse nei banchi del Centrodestra vincitore, ipotesi che peraltro mi induce a diffidare, da sempre, delle “alleanze” con bande mercenarie, condotte da senza partito sempre pronti a mutare casacca e avversario.
Ora però, caro Bertinelli, pur senza contraddire le cose che penso  – che da tempo peraltro vado sostenendo anche in questo blog –, viste certe “presenze” che a vario titolo sostengono la tua candidatura, sono a pormi degli interrogativi. Mi domando se valesse proprio la pena di affrontare il lungo, estenuante e lacerante braccio di ferro per non candidare qualcuno del “Professore” o altri: magari persone convinte, oneste, in buona fede, magari militanti di esperienza e valore provato, da sempre militanti della tua Sinistra, quando, invece, hai accolto fra schiere dei tuoi molti sostenitori, gente che tuttora ha in tasca la tessera del PdL, o ancor peggio, che ancora non ha rassegnato le dimissioni da quello stesso gruppo consiliare.
Mi dirai, immagino: “in politica, come in amore e in guerra (salvo Ginevra) tutto è ammesso!” Aggiungerai, penso: “eppoi, cosa credi? Credi proprio che passino? Che otterranno qualcosa? Sono, insieme a molti altri, i soliti utili sciocchi, i servi portatori di acqua, che senza neppure una promessa, in attesa di un qualche compenso, tradirebbero pure sua madre!” È vero, in giro c’è gente da poco, talvolta da usare e gettare come i kleenex, perché sai benissimo che chi tradisce una volta tradisce sempre. Ritengo però, ma certo potrò sbagliare, che assecondando certi personaggi, favorendone i disegni o la candidatura fra i propri sostenitori si finisce con alimentare il mercatino dei senza bandiera, dei voltagabbana, dei pronti a tutto. Un bric-à-brac che, a tutti i livelli, non poca parte ha avuto nel determinarsi della situazione di degrado della politica in cui siamo immersi, nostro malgrado; situazione che, per gran parte, si è resa responsabile del clima di antipolitica che ora danneggia tutti, anche chi è sano. Un clima che, mi auguro condividerai, potrebbe rivelarsi pericolosissimo per le nostre Istituzioni, foriero di una stagione di acritico qualunquismo e, nel medesimo tempo, di pericolose derive. Si tende, com’è naturale che sia, ad attribuire la responsabilità sempre ad altri, ma il male che ci ha colti è oramai diffuso in ogni ganglio. Credo perciò, molto seriamente, che occorra rifarsi da una parte cominciando a far pulizia da quelle a noi più vicine. A me pare invece, ma posso certo sbagliare, che tu abbia scartato il buono – forse difficile –, per raccattare l’avanzo degli altri.
u.s.
Immagine;
H. Daumier, I sostenitori, 1848 (particolare)

martedì 3 aprile 2012

Disoccupati e “pendolari”




Sirio, l’ho visto anch’io, uno della nostra età cercare in un cassonetto! E non per le bottiglie di plastica, come in Croazia.

Provo una sorta di vergogna e quasi mi mancano le parole, quando, come ieri mattina, mentre attendevo un certificato che mi era necessario per presentare una lista di candidati per le prossime elezione del 6 e 7 maggio, ascolto certe amare riflessioni, certe considerazioni anche sulla politica.
C’erano, nella stanza, due persone: Alessandro, 1984; l’altro, invece, facendo due conti, quasi una cinquantina, tutti e due disoccupati, tutti e due alla ricerca di un lavoro che non si trova. Il più vecchio dei due racconta che sono tre anni che è in questa situazione a causa del fallimento della lavanderia dove lavorava da quasi trent’anni. E ancora non ha visto un soldo. Neppure la paga degli ultimi tre mesi di lavoro. Mi dice: “io sono qui, stamani, con un solo euro in tasca”, e poi giù, a man salva, giudizi spietati su alcuni che passano, che lui conosce, che si “arrangiano” in un modo o nell’altro: pensione e lavoro al nero, quell’altro spaccia e lo sanno in tanti, e qualcuno magari delinque in altro modo, senza che nessuno si azzardi a dirgli nulla, riuscendo, “in questo casino”, a mettersi  addosso, pure, abiti firmati.
Ascolto, non so cosa dire, mi viene da rammentare qualche altro caso analogo che conosco: il figlio di un amico, Luca (anche lui ventottenne come Alessandro, che, lì presente, ogni tanto commenta e dice la sua), che si ritrova, con una moglie e un figlioletto, disoccupato da due anni, e, malgrado conosca il mestiere dell’idraulico, non riesce a trovare nulla da fare, benché, come suo padre, veementemente, mi assicura ogni volta che m’incontra, sia disposto a qualsiasi lavoro. Rammento poi il caso di Francesco, anche lui disoccupato da un paio di mesi, che si arrabatta come assicuratore improvvisato in attesa di una collocazione migliore, forse. Anche lui, Francesco, ha da mantenere due bimbe… Un altro paio di casi… Poi a un certo punto mi cheto. Il pudore mi frena. Mi accorgo che sto raccontando, aggiungendo altri casi quasi per lenire l’amarezza dei due interlocutori lì presenti.  Quasi per, come dire, aggiungere e realizzare, infine, anche tacitamente, la condizione per cui il “mal comune è mezzo gaudio!” Consolatevi ragazzi, non siete soli! Mi accorgo che il meccanismo che inconsapevolmente ho adottato è in una sorta di “esorcismo”, che consiste nel traslare il problema, da crudo e reale quale è, sul piano dell’astrazione, come quando per i trecento morti di un aereo che cade non si riesce a dolersi, credibilmente, come succede, invece, per un conoscente o, ancor più per un amico. Mi rendo conto che siamo assolutamente impotenti, che, al nostro livello, non è possibile individuare delle soluzioni che possano andare oltre il particolare, nel migliore dei casi.
Esco e in strada incontro Sirio. Il dodicesimo nero della mattinata ci si avvicina, insistente, con la sua cianfrusaglia. Cerco di fargli capire che non è possibile dare a tutti. Continua a insistere. Lo guardo mostrando irritazione anche se mi dispiace. Provo un senso di angoscia: tutto sommato ho tentato di sfilarmi dall’ascoltare problemi senza saper cosa rispondere e ora altri problemi, ancora più crudi, si parano davanti, in tutta la loro evidenza, senza che io, ancora una volta, non possa far altro che scacciarli.
Con Sirio si scambiano due parole sulla politica locale, sul “pendolarismo”, sugli innumerevoli “mutanti” che spudoratamente si trasformano nella speranza di un incarico – e anche per meno: forse un osso di bistecca! –. Presto tutti potranno leggere i nomi nelle liste affisse sui muri, potranno, con facilità, ricostruirne il cursus honorum, ovvero le “aeree” evoluzioni di personaggi che ancora non si sono resi conto che la gente vera ha problemi seri, e la prospettiva non appare punto rosea. Invece qui si continua a giocherellare con le persone, a tentare di servirsene, senza arrossire, al solo fine di acquisire questa o quella posizione personale in un quadro di un vuoto culturale, politico e morale a dir poco sconcertanti. Gli inquinatori, i saltimbanchi, i funamboli, i trapezisti,  gli imbroglioni, gli impostori sono, dunque, sotto gli occhi di tutti. Fortunatamente, nella trasformazione, hanno conservato nomi e cognomi. C’è solo da augurarsi che la gente andando a votare non si faccia fregare ancora una volta, l’ennesima, da politici da strapazzo che intendono continuare ad usarne il potere (il voto) per fare esclusivamente gli affaracci propri. Il voto del resto è l’unico strumento e, dove ci si conosce tutti, è assai facile da usare. Non importa un partito o un altro, basta non farsi infinocchiare dai soliti furbi (peraltro abili incantatori).
Dico a Sirio, che insiste sul fatto che presto il popolo prenderà il “forcone”, che io, invece, non ne sono punto convinto, dato che la “gente”, purtroppo, non s’incendia tanto facilmente, perché oramai è corazzata, immunizzata, coriacea, refrattaria alle cazzate, anche alle vessazioni, indifferente alla cialtroneria dilagante. In una parola e rassegnata. E non c’è di peggio. Magari borbotta dei luoghi comuni, se si vuole anche banali o imbecilli, ma oltre quelli non va. Lui mi guarda sardonico e dice, molto laconicamente: “Ma nello stomaco la corazza non c’è!”
u.s.     

Illustrazione:
H. Daumier, Un bonapartiste nouvellement converti, 1851